Nell’ultimo periodo mi sono scontrato molte volte con le sigle DUVRI, POS e PSC, e molti amici mi hanno chiesto chiarimenti a riguardo. La normativa italiana è in continua evoluzione: giusto il 9 settembre è uscito il Decreto Ministeriale in cui vengono presentati i modelli semplificati di POS e PSC.

Provo a scrivere due righe per cercare di risolvere qualche dubbio che può essersi insinuato nella nostra testa.

Intanto, vediamo le definizioni:

DUVRI: Documento Unico di Valutazione dei Rischi da Interferenza. L’art. 26 del COSO 81, che regolamenta gli obblighi connessi ai contratti di appalto o d’opera o di somministrazione, definisce che “Il datore di lavoro committente promuove la cooperazione e il coordinamento elaborando un unico documento di valutazione dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare o, ove ciò non è possibile, ridurre al minimo i rischi da interferenze”.

POS: Piano Operativo di Sicurezza, dall’art. 89 del COSO 81 “il documento che il datore di lavoro dell’impresa esecutrice redige, in riferimento al singolo cantiere interessato, ai sensi dell’articolo 17 comma 1, lettera a) (Valutazione dei Rischi)”.

PSC: Piano di Sicurezza e Coordinamento, dall’art. 100 del COSO 81 “Il piano è costituito da una relazione tecnica e prescrizioni correlate alla complessità dell’opera da realizzare ed alle eventuali fasi critiche del processo di costruzione, atte a prevenire o ridurre i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori.”

PSS: Piano di Sicurezza Sostitutivo del piano di sicurezza e di coordinamento quando quest’ultimo non sia previsto.

Sono tutti e quattro acronimi di documenti che dovrebbero rappresentare misure di sicurezza relative agli appalti, ma che molto spesso sono un mero susseguirsi di parole, parole e parole sempre uguali e poco costruttive. Non dico assolutamente che dovrebbero essere eliminati: a mio avviso sono documenti utili ma che devono nascere come strumenti di coordinamento tra le varie figure responsabili della sicurezza coinvolte in un appalto. Devono essere strumenti comprensibili, efficaci, dinamici, snelli. Devono basarsi sull’effettiva realtà e non su immaginazioni del tecnico di turno che li compila.

Non voglio però con questo articolo entrare nel merito di come vanno scritti questi documento, ma voglio solo dare delle indicazioni su quando vanno utilizzati, informazione utile e necessaria non solo per i Datori di Lavoro ma anche e soprattutto per quanti prima o poi si ritroveranno nelle vesti di Committente.

Innanzitutto l’ambito di applicazione: L’APPALTO. Ma quando è definito l’appalto? Quando viene firmato un contratto di manutenzione, quando viene identificato un cantiere, quando si ha un contratto con la ditta di pulizie ecc…

In genere quindi quando decidiamo di affidare dei lavori a terzi vuol dire che siamo in un appalto: chi affida i lavori diventa il committente e chi invece li esegue diventa l’appaltatore o l’impresa affidataria od esecutrice.

Prima di tutto conviene classificare i lavori in due categorie:

  • Lavori che non rientrano nella categoria di “Cantiere Temporaneo”
  • Lavori che rientrano nella categoria di “Cantiere Temporaneo”

Nella prima categoria fanno parte tutti quei lavori che generalmente vengono svolti all’interno delle aziende: pulizie dei locali, servizi di manutenzione agli impianti, servizi di manutenzione alle attrezzature e ai macchinari ecc… In questi casi dobbiamo rivolgere la nostra attenzione al DUVRI. Quindi, il Datore di Lavoro Committente dovrà predisporre tale documento, in cooperazione e coordinamento con il Datore di Lavoro dell’impresa esecutrice dei lavori (anche se impresa individuale o lavoratore autonomo). L’obbligo di redazione del documento non si applica ai servizi di natura intellettuale, alle mere forniture di materiali o attrezzature, ai lavori o servizi la cui durata non è superiore a cinque uomini-giorno, sempre che essi non comportino rischi derivanti dal rischio di incendio di livello elevato, o dallo svolgimento di attività in ambienti confinati, o dalla presenza di agenti cancerogeni, mutageni o biologici, di amianto o di atmosfere esplosive o dalla presenza dei rischi particolari.

In caso di redazione del documento esso è allegato al contratto di appalto o di opera e deve essere adeguato in funzione dell’evoluzione dei lavori, servizi e forniture.

Se invece siamo nella seconda categoria, ovvero siamo in presenza di un cantiere, dobbiamo riporre la nostra attenzione al POS e al PSC. Ricordo che per cantiere si intende “I lavori di costruzione, manutenzione, riparazione, demolizione, conservazione, risanamento, ristrutturazione o equipaggiamento, la trasformazione, il rinnovamento o lo smantellamento di opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura, in cemento armato, in metallo, in legno o in altri materiali, comprese le parti strutturali delle linee elettriche e le parti strutturali degli impianti elettrici, le opere stradali, ferroviarie, idrauliche, marittime, idroelettriche e, solo per la parte che comporta lavori edili o di ingegneria civile, le opere di bonifica, di sistemazione forestale e di sterro. Sono, inoltre, lavori di costruzione edile o di ingegneria civile gli scavi, ed il montaggio e lo smontaggio di elementi prefabbricati utilizzati per la realizzazione di lavori edili o di ingegneria civile.”

In questi casi:

  • Prima dell’inizio dei rispettivi lavori ciascuna impresa esecutrice trasmette il proprio piano operativo di sicurezza all’impresa affidataria, la quale, previa verifica della congruenza rispetto al proprio, lo trasmette al coordinatore per l’esecuzione. Ovvero tutte le imprese interessate devono inoltrare il proprio POS al Committente (che viene rappresentato dal coordinatore per l’esecuzione).
  • Durante la progettazione dell’opera e comunque prima della richiesta di presentazione delle offerte, il coordinatore per la progettazione redige il piano di sicurezza e di coordinamento.

Riassumendo in termini più “terra terra”: il POS è un documento redatto dalle imprese che svolgono i lavori in cui sono sostanzialmente definiti i rischi delle singole attività che verranno svolte e le misure di prevenzione e protezione che vengono attuate. I contenuti minimi del POS sono definiti dal COSO 81.

Il POS è sempre obbligatorio.

Il PSC invece è il documento in cui viene descritto il cantiere in generale, vengono definite le figure responsabili e le imprese interessate. In più, sono descritti tutti i rischi e le misure di prevenzione e protezione che vengono attuate e che dovranno essere strettamente collegate ai vari POS e viceversa. Il piano di sicurezza e coordinamento (PSC) é corredato da tavole esplicative di progetto, relative agli aspetti della sicurezza, comprendenti almeno una planimetria sull’organizzazione del cantiere e, ove la particolarità dell’opera lo richieda, una tavola tecnica sugli scavi. I contenuti minimi del piano di sicurezza e di coordinamento e l’indicazione della stima dei costi della sicurezza sono definiti dal COSO 81.

Il PSC è obbligatorio quando nel cantiere sono interessate più imprese.

Quando nel cantiere invece è prevista una sola impresa, e siamo in regime di appalti pubblici, l’appaltatore deve redigere il PSS, ovvero il Piano di Sicurezza Sostitutivo che sostituisce in toto il PSC, e che prevede al suo interno i contenuti del POS. Attenzione quindi che mentre il PSC è a carico del Committente il PSS è a carico dell’appaltatore!

La materia è alquanto complessa considerando anche che ci sono molte figure interessate: committente, responsabile dei lavori, coordinatore per la progettazione ecc….In un altro articolo cercherò di definire meglio i vari compiti. Nel frattempo, spero almeno di aver fatto un po’ di chiarezza sulla definizione dei quattro documenti.

A presto, Marco.